venerdì 3 aprile 2009

Il metodo dell'astrazione determinata

Se cominciassi [...] con la popolazione, avrei una rappresentazione caotica dell’insieme e, precisando più da vicino analiticamente, perverrei via via a concetti più semplici; dal concreto rappresentato ad astrazioni sempre più sottili, fino a giungere alle determinazioni più semplici. Da qui si tratterebbe, poi, di intraprendere di nuovo il viaggio all’indietro, fino ad arrivare finalmente di nuovo alla popolazione, ma questa volta non come caotica rappresentazione di un insieme, bensì come una totalità ricca, fatta di molte determinazioni e relazioni. [...] Il concreto è concreto, perché è sintesi di molte determinazioni, quindi, unità del molteplice. Per questo, esso apparve nel pensiero come processo di sintesi, come risultato e non come punto di partenza, sebbene esso sia il punto di partenza effettivo e perciò anche il punto di partenza dell'intuizione e della rappresentazione. Per la prima via, la rappresentazione piena viene volatilizzata ad astratta determinazione; per la seconda, le determinazioni astratte conducono alla riproduazuine del concreto nel cammino del pensiero.

Karl Marx, Introduzione a "Per la critica dell'economia politica", 1857


1 commento:

  1. CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA
    GIANCARLO LANDONIO

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    CRITICA TEORICA E AZIONE RIVOLUZIONARIA

    In che cosa consiste l'essenza della critica che il marxismo fa alla società borghese in tutte le sue manifestazioni? Consiste soltanto nel rivelare le contraddizioni e gli orrori del vigente sistema sociale, nel fissare verità teoriche e leggi generali, nel predire la fine e il superamento del capitalismo ad opera del comunismo; consiste solamente in questo e in questo soltanto? No certamente! Il marxismo non è soltanto una scienza.

    Il lato vitale e rivoluzionario della critica marxista al mondo sociale borghese consiste soprattutto nell'azione politica, nella pratica diretta a trasformarlo, a cambiarlo. La teoria è un'arma, una bussola per l'azione. Serve al partito nel corso del processo storico per la lotta che esso conduce, alla testa del proletariato, contro il capitalismo. Ed è valida in quanto risponde esattamente ai fini di questa lotta, che in ultima analisi ne segna il destino. Tutto nel marxismo è legato in definitiva all'attività pratica.

    Questo metro di misura della teoria marxista ha una importanza capitale per il combattente comunista, per il militante del partito comunista, perché risiede in questa la sua stessa ragione d'essere. Per chi dunque ribadiamo qui questo punto così cruciale?

    Non lo facciamo evidentemente in polemica coi socialcomunisti. Questi campioni di nazionalismo e di pacifismo agiscono da borghesi e si ispirano anche, nella loro attività politica, a idee e principi borghesi, (Stato popolare, socialismo nazionale, pluripartitismo, via parlamentare al socialismo, ecc. ecc.).

    Lo ribadiamo invece per quei comunisti che giustamente condannano l'opportunismo di Mosca e di Pechino, di marca staliniana e di marca post-staliniana; e che lodevolmente sostengono la necessità della dittatura internazionale del proletariato. Appartengono a questo tipo di comunisti, oggi in modo particolare, i "Programmisti" (così denominati per il titolo del loro giornale "Il Programma Comunista"), che sino a ieri sono stati nostri compagni di partito.

    Lo ribadiamo per loro perché appunto i "Programmisti" trattano la teoria come una cosa sacra, alla cui restaurazione "preliminare" dedicare tutte le energie. Essi obliano in tal modo, che la teoria si afferma nell'azione e che è questa che in fin dei conti conferisce ai comunisti la vera impronta di combattenti rivoluzionari.

    Ovviamente, e su ciò non bisogna avere un attimo di dubbio, la difesa dei principi e dell'integrità dottrinale contro il revisionismo e l'opportunismo, rappresenta un aspetto essenziale dei compiti pratici dei comunisti; e, nella misura in cui i "Programmisti" la compiono, si può senz'altro riconoscere che fanno un lavoro encomiabile. Ma disgraziatamente ed è ciò che bisogna rilevare, costoro dimostrano un attaccamento ai principi, puramente formale, scolastico. E in conseguenza di ciò esauriscono i compiti pratici del partito, sostanzialmente, nella ripetizione continuata di formule rivoluzionarie, che solo con l'azione e l'attività possono prendere vita e splendore.

    Un tal modo di difendere la teoria equivale, senza dubbio, a fare del marxismo un mito innocuo, impotente a risvegliare l'entusiasmo rivoluzionario della classe operaia e ad alimentarlo. Perché la teoria si impossessi della classe è assolutamente necessario tradurla in azione. Il mezzo più importante attraverso cui la teoria penetra nelle masse sfruttate consiste appunto nell'azione, nell'esempio. Sono questi i poderosi strumenti "educativi" del proletariato, che innalzano il partito, ne fanno aumentare l'importanza, lo pongono al centro degli interessi politici delle masse lavoratrici.

    La critica teorica senza l'azione rivoluzionaria è accademia, nella migliore delle ipotesi sfogo intellettuale.

    Il radicalismo verbale e la fraseologia rivoluzionaria si chiamano formalismo. E il formalismo in politica è una forma di opportunismo. E' una malattia che bisogna combattere e debellare, obbligatoriamente, dal seno dei gruppi "comunisti ortodossi", per portarli sul terreno della lotta politica di classe.

    Il formalismo infetta la maggior parte dei "Programmisti", che per maggiore disavventura non restano soli a rappresentare questa forma di opportunismo, in quanto vengono seguiti da altri elementi di "sinistra". E agisce su di loro con tutta la virulenza che comporta una profonda disfatta proletaria e la depressione di una situazione politica sfavorevole. Esso è fonte di profondo pessimismo da una parte, e di misticismo rivoluzionario dall'altra parte. Impronta la psicologia politica di questi "comunisti ortodossi" in modo veramente radicale.

    Questa psicologia è nella fase attuale caratterizzata principalmente dai seguenti tre momenti tipici:

    1) Una esaltazione del passato rivoluzionario della classe operaia e del partito comunista, come di un'età dell'oro delle lotte di classe.

    2) Un grande disprezzo per la fase storica che abbiamo attraversato dopo il crollo della Terza Internazionale e di quella che stiamo attraversando in quanto dominate incontrastatamente dalla controrivoluzione e dall'opportunismo.

    3) Una grande fede nel domani rivoluzionario che verrà aperto dal terremoto sociale.

    Questa psicologia spinge, obiettivamente, al passivismo nell'azione pratica; e al radicalismo nella predica teorica. Essa impedisce inoltre la comprensione di importanti problemi del passato, di molte questioni del presente, e spiega la mancanza di una prospettiva per il futuro.

    Le questioni che essa provoca e pone sul tappeto sono tante e molto vitali per il partito rivoluzionario della classe operaia. Non possiamo quindi esimerci dal parlarne adeguatamente e coi dovuti sviluppi.

    È quanto cercheremo di fare in seguito da queste colonne.

    Per intanto sottolineiamo una conclusione generale: "debellare il formalismo dall'ambiente rivoluzionario è un passo preliminare necessario per potere fare acquistare agli attuali comunisti di sinistra la coscienza dei compiti politici e organizzativi da svolgere in questo periodo storico".

    (Apparso su La Rivoluzione Comunista ottobre 1965)
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