domenica 5 aprile 2009

diario di un educatore


4 e 5 aprile

Due giorni interi di formazione di Ludopedagogia con due esponenti del CEMEA di Roma, Claudio Tosi e Cecilia Bartoli, al Mammut di Scampia (www.mammutnapoli.org). Un esperienza bellissima, prosegue il percorso sull'educazione non formale. Giochi di gruppo divertentissimi con tanti abbracci e voglia di divertirsi, un gruppo di 25 persone che volontariamente ha deciso di partecipare, la riflessione su come può essere organizzata la ludoteca che in quel centro si sta cercando di mettere su, la costruzione di alcuni giochi di legno veramente divertenti. Uno spasso, una quantità enorme di stimoli e spunti, la conoscenza con un sacco di persone molto interessanti da un avvocatessa che si pone il problema di mettere a disposizione della formazione di una coscienza civica nei ragazzi la sua competenza giuridica, ai validissimi, competenti e motivati operatori del Mammut, a molti educatori, una maestra, un architetto, un attore di teatro... contatti importantissimi con i quali ci siamo riproposti di vederci a breve per una sessione di giochi e discussioni di gruppo.
Ciò che più mi è piaciuto è stata una impostazione che vuole tenere assieme teoria ed emozione, gioco e pratica verso un approccio educativo teso a stimolare e valorizzare l'unità dell'individuo in tutte le sue multiformi e varie capacità. Sicuramente l'esperienza formativa più interessante dell'ultimo periodo.
Sicuramente è una impostazione che non arriva a criticare il fondamento ideologico e sociale che rende i ragazzi, in particolare quelli delle classi sfuttate, incapaci di "esprimersi in tutti i sensi", si tratta altressì di un approccio che non arriva a conciliare la critica alla unilateralità nella quale vengono formati i ragazzi con la critica alla attuale società di classe, indicando nell'impegno per il superamento di questa l'unica via per superare il regno dell'unilateralità. E' in ogni caso stimolante approcciare questo discorso attivista che, sebbene rimanga all'interno di una visione non politica - accettando di fatto come inevitabile il sistema attuale ed essendo da questo finanziato - almeno punta l'accento su aspetti di educazione borghese, ma attivo/pratica, ormai completamente scomparsi altrove.

3 aprile

Mattina: oggi ho la riunione con la coordinatrice del servizio tutoraggio, Giuseppe e sua mamma per l'affidamento del caso. Il tutoraggio è un servizio del comune di Napoli grazie al quale agli assistenti sociali è possibile individuare dei casi particolari (dispersione scolastica, difficoltà relazionali e di inserimento, particolari problematiche familiari...) ed affidarli alle cure di un Tutor per un periodo variabile dai tre a dodici mesi. Il tutor sviluppa un percorso con il ragazzo, in rete con famiglia, scuola, ASL, SSTT, cooperativa, territorio, al fine di perseguire gli obiettivi individuati di concerto all'atto dell'affidamento del caso.
Il caso che mi è stato affidato è quello di un ragazzo, Giuseppe, che per dinamiche che non posso qui riportare, ma comunque legate ad una problematica familiare storicamente molto difficile ed alla produzione, nel ragazzo, di condotte particolarmente violente, tanto che l'ASL gli diagnosticò un Deficit dell'Attenzione ed Iperattività arrivando a somministrargli (!!) gocce di Ritalin. Di fatto da settembre il ragazzo non va più a scuola.
Nostro compito sarà arrivare a fare l'esame di terza media.
Lunedì si inizia, ci vedremo tutte le mattine per raggiungere questo obiettivo.

Sera: riunione e cena con un gruppo di una decina di operatori sociali che operano con i minori. Con alcuni di loro abbiamo fatto dei percorsi molto significativi intorno al progetto del Parco Sociale Ventaglieri, del quale sono stato, insieme a Marilena, uno dei promotori e del quale una delle ultime, significative, azioni da noi organizzate è stato il carnevale di Montesanto 2009 “A malaparata” (www.parcosocialeventaglieri.it). L'obiettivo è ambizioso: riunirci per individuare una base comune nelle nostre pratiche educative, reagire alla passività dei nostri progetti, alla solitudine che sentiamo sul luogo di lavoro. La lunga discussione fa emergere punti di vista e “sensazioni” molto eterogenee, facendo una estrema fatica ad individuare un chiaro terreno comune. Il tratto che ci accomuna è il nostro tentativo di aderenza al territorio, il tentativo di tenere dentro piuttosto che “buttare fuori” i ragazzi (che i nostri colleghi vogliono spesso passivi e accondiscendenti, pena l'esclusione di fatto). Le proposte di azione pratica sono largamente fumose e poco praticabili, rimane l'idea di scrivere un testo per fare circolare le nostre esperienze. L'unico punto sul quale riusciamo a concludere è “il compito” che ognuno scriva riguardo una sua esperienza ed ai significati che da questa è possibile trarre. Sarà questo il terreno per un, possibile, prossimo incontro. Staremo a vedere. In ogni caso è evidente che non essendoci una base di analisi delle condizioni attuale e delle possibili prospettive condivisa, il gruppo difficilmente potrà sopravvivere alle sue proprie contraddizioni.
PS significativa la proposta scherzosa di dare vita ad un Gruppo Criminale di Eliminazione dei Colleghi Inutili.


Lotus


1 commento:

  1. Caro Loto,
    e se l'analisi di cui scrivi nel tuo diario fosse già organica all'agito?
    Mi spiego: sono d'accordo che in questi anni c'è stata una grande penuria di pensiero critico all'interno del mondo dell'educazione attiva, ma potrebbe essere vero l'incontrario, ossia: che, di fatto, il pensiero come veicolo di agire sociale si sia sottomesso alle dinamiche imposte volontariamente, tuttavia grumi di energie significative hanno cercato di scandagliare questo meccanismo,
    non attraverso pratiche usate, ma proponendosi come capacità attiva per non relegare il tutto in una visione fenomenica,
    lo scotto è di essere stati troppo maneggiati, usati, forse, per questo facciamo fatica a imporre un pensiero-azione o a costituirci
    èquipe integrata atta nel produrre interventi significativi. Non ci dimentichiamo che ognuno di noi è una storia nel affermare un pensiero, nello spostare una virgola... riafferma se stesso, sposta una parte di sè, come moltitudine di se stesso.
    Personalmente non voglio imporre un pensiero mio, ma individuare lungo la strada una possibile striscia per poter mettere
    in essere la mia visione e raccontare l'esperienza in maniera dialogica, raccontare avendo come obiettivo l'umano, ma per fare questo sai meglio di me che la strada è lunga, tortuosa, ripida e ispida.
    L'educazione antepone sempre un'azione tellurica nel contesto destinatario, anche, quando c'è un rapporto di totale riconoscimento
    tra tutti gli attori interessati che sembra una condizione osmotica.
    alla prossima
    p

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