Nel
vortice di crisi, tagli, privatizzazioni, concorsi, truffe...
Lavoratori
della scuola e studenti, non perdiamo di vista l'essenziale
Un concorso che coinvolgerà almeno 250
mila persone con un costo di 150 milioni di euro per assegnare 11.892
posti vacanti. A questo ne succederà probabilmente un secondo che
potrebbe venir gestito scuola per scuola e rappresentare il prodromo
all'assunzione diretta dei docenti da parte dei presidi. Il concorso
è, di fatto, una mega lotteria – in linea con i tempi – la quale
si ripeterà ogni due anni: metà dei posti disponibili verranno
assegnati attingendo alle Graduatorie Ad Esaurimento, l'altra
metà attraverso il concorso. “Così - proclama la retorica del
Ministero - verrà data una possibilità sia ai precari più o meno
storici, sia ai neo abilitati”.
Eccolo il loro concorso: un pugno di neo abilitati ed un pugno di
precari “storici” verranno immessi in ruolo ogni due anni. Gli
altri rimarranno precari o disoccupati. Naturalmente per i giovani
non abilitati non vi è nessuna possibilità di accesso. Grazie.
Adesso cerchiamo di andare oltre il concorso-truffa e proviamo a
sviluppare un ragionamento più ampio. Se Berlinguer nel 1996 ha
posto le premesse affinché il sistema formativo potesse essere
progressivamente “alleggerito”, è stata la Gelmini nel 2008,
fatto riconosciuto anche dal ministro Profumo, ad avviare il vero
processo di ristrutturazione del sistema scolastico italiano,
adeguandolo alle esigenze sempre più fameliche del capitalismo in
crisi.
La riforma (taglio) della scuola risponde a tre esigenze
fondamentali: 1) tagliare i fondi per la formazione per dirottarli a
favore delle imprese (produttività e competitività); 2) ridurre il
costo della formazione della forza lavoro abbassandone così il
valore e, quindi, i salari; 3) aprire nuovi mercati all'interno dei
quali i privati possano speculare (il mercato della formazione).
Tagliare la scuola è tagliare il salario, tagliare salario è
ridurre il costo del lavoro, la riduzione del costo del lavoro è
l'unica strada che il capitale conosce per affrontare le sue crisi
strutturali.
La scuola è salario indiretto, è cioè finanziata attraverso
la quota parte del salario che, sotto forma di tasse, affluisce alle
casse dello Stato. Ma il taglio al sistema formativo e la sua
conseguente ristrutturazione, se, dal punto di vista capitalista,
apportano innegabili vantaggi, portano anche con sé due tipologie di
svantaggi: uno scarso livello di competenze per chi completa il
percorso formativo e una grande massa di lavoratori della scuola in
esubero.
Il primo aspetto è il riflesso della concentrazione che è
caratteristica del capitale: si vengono a formare alcuni poli di
eccellenza che attraggono la maggior parte dei capitali mente, il
resto, viene ridotto a tabula rasa. È il modello anglosassone (dove
è assente il valore legale del titolo di studio) dove alcune
istituzioni formative (ai vari gradi) che sfornano i quadri elevati,
i tecnici di alto e medio livello, la futura classe dirigente, sono
circondate da migliaia di istituti-ghetto incapaci di far fronte alle
contraddizioni sociali che con forza sempre maggiore in esse si
riversano, sostanzialmente prive di fondi, abbandonate a se stesse,
si riducono a fornitrici di forza lavoro a basso prezzo. Tra questi
due estremi tutte le situazioni intermedie che permettono, ancora, a
questa polarizzazione di non divenire incontrollabile. Il
progetto di privatizzazione della scuola pubblica, seguendo il
modello USA, si pone questo obiettivo. La “ex Aprea” (P.d.L. 953)
attualmente in discussione nella VII commissione parlamentare
(presieduta da un PD) ha come pilastri: le privatizzazioni,
l'aziendalizzazione attraverso l'abolizione di fatto dei decreti
delegati, l'autonomia statutaria e l'ingresso dei finanziatori
privati negli organi di governo della scuola: buoni affari per i
privati che vogliono investire, un sistema scolastico pubblico
disastrato sotto ogni aspetto.
Il secondo aspetto (esuberi di massa) è stato affrontato con l'unica
modalità possibile: dividi et impera.
Va considerato che l'uragano che si è abbattuto negli ultimi 5 anni
sulla scuola ha significato: il taglio di 8,5 mld di euro di
finanziamenti (e 1,5 all'università), la soppressione di 150.000
posti di lavoro, l'accorpamento di centinaia di istituti, la
soppressione degli scatti di anzianità, il blocco dei contratti,
l'innalzamento dell'età pensionabile, il dimezzamento dei fondi per
gli appalti delle pulizie e la riduzione dei fondi per le mense,
l'ulteriore taglio di 3000 “inidonei” attraverso la spending
review e l'edilizia scolastica
che versa in condizioni pietose (quasi 30.000 gli edifici definiti “a
rischio”).
Una situazione che, chi vive la scuola lo sa, tocca punte di
drammaticità come le classi-pollaio, l'inadeguatezza degli edifici
alle norme di sicurezza, il quasi azzeramento dei fondi per i sussidi
didattici, il ridotto numero di insegnanti di sostegno, tecnici,
assistenti comunali, la divisione degli alunni nelle aule in mancanza
di supplenti, la passivizzazione del docente, straordinari
obbligatori per gli ATA etc.
Dividi
et impera. Primo,
con l'autonomia, la riforma Gelmini e il decreto Brunetta, è stato
progressivamente tolto potere ai collegi docenti potenziando la
figura del preside-manager (dirigente); secondo, con una oculata
politica di non immissioni in ruolo (anche attraverso l'estensione
dell'organico di fatto rispetto a quello di diritto) si è gonfiato a
dismisura il contingente dei docenti e ATA precari, poveretti pronti
a tutto pur di arrivare all'ambito “ruolo”; terzo ci si è
guardati bene dal non unificare tra di loro i precari mantenendo un
complicatissimo sistema di percorsi abilitanti e reclutamento
(ulteriormente complicato dal concorso) che mette gli uni contro gli
altri i precari di “tipologia differente”; quarto, i tagli hanno
pesato molto di più al sud, favorendo il reazionario disprezzo per
il “meridionale emigrante” da parte dei lavoratori del
centro-nord; quinto, si è indetto questo concorso lotteria che ha il
solo scopo di aggiungere caos al caos e distogliere gli interessati
dal problema reale: i tagli frutto della crisi del capitale.
Il
concorso è una truffa bella e buona ideata esclusivamente per
mettere le nuove generazioni in concorrenza con le vecchie, per
illuderle riguardo la possibilità di una loro futura messa in ruolo.
Proprio come i gratta
e vinci
ci illudono di poter diventare ricchi nonostante siamo poveri in
canna, così, col concorso, 1 su 25 vince: “potresti essere tu!”.
Ma in Europa il numero dei proletari a “rischio povertà” ha già
raggiunto i 116 milioni e nessuna lotteria potrà migliorare la loro
situazione.
Questi cinque passaggi possono anche non essere stati frutto di un
disegno ragionato di un settore della borghesia, sta di fatto che
descrivono con esattezza ciò che è successo negli ultimi anni e –
insieme ad argomenti di carattere politico, ideologico e storico –
segnano alcuni dei motivi dell'assenza di una reale risposta di
lotta.
In questo quadro catastrofico c'è chi ha agito praticamente per far
si che quello che una volta era solamente il sogno di settori
particolarmente reazionari di borghesia italiana diventasse realtà
(PDL, PD, Lega...), chi ha fatto finta di opporsi ma, nei fatti, con
la sua studiata passività si è reso complice (CGIL) e chi ha
cercato di opporsi ma, a causa del suo DNA che lo porta a tutelare
innanzitutto il proprio interesse di struttura, poi, forse, quello
dei propri iscritti e mai quello dei lavoratori in genere non è
riuscito in nulla di significativo (Sindacalismo di Base).
I lavoratori della scuola, in futuro, potranno diventare un elemento
importante della contrapposizione capitale/lavoro, favorendo il
dispiegarsi di lotte vere, ma questo a patto che – in almeno alcuni
suoi settori d'avanguardia – partano dal riconoscimento di questa
contraddizione come madre di tutte le strategie che il capitale sta
conducendo al fine di far fronte alla sua crisi strutturale, e che
assumano proprio la contraddizione capitale/lavoro come punto di
partenza di una strategia rinnovata che li tiri fuori dalle secche
nelle quali, periodicamente, si sono andati ad incagliare.
Vogliamo ora riassumere i cardini di questa strategia:
- La ristrutturazione in atto del sistema formativo italiano risponde alle esigenze del capitale in crisi. È imprescindibile che nei momenti di mobilitazione venga affermato con forza che lottare contro i tagli alla scuola significa lottare contro il capitalismo stesso che li ha generati, contro la sua crisi, per sostenere l'unica alternativa risolutiva concretamente perseguibile: la necessità dell'affermazione di un nuovo modo di produrre e distribuire i beni, il socialismo, quello vero.
- Al fine di unificare il fronte di lotta è necessario da un lato non lasciare spazio ad istanze particolaristiche di questo o quel settore di lavoratori della scuola (ulteriormente alimentate dal concorso) affermando con forza che tutti i lavoratori della scuola in tutte le loro componenti (precari e stabili, abilitati e non, insegnanti, ATA e lavoratori delle ditte appaltatrici che lavorano nella scuola, genitori e studenti proletari che vivono la crisi sulla loro pelle) devono unirsi in un unico fronte di denuncia dei tagli, di lotta contro di essi e contro il sistema che li ha generati.
- Nessuno spazio deve essere lasciato alle logiche elettoralesche, all'ipotesi di utilizzare o recuperare alla lotta quegli organismi che si sono resi, con la loro studiata passività, pienamente corresponsabili della “riforma”: PD e CGIL, o che, tutti assorti nella ricerca di legittimazione da parte dell'istituzione, hanno sistematicamente tradito gli interessi generali dei lavoratori: il sindacalismo di base. Ugualmente non deve essere lasciato spazio alla difesa della costituzione che, tutta ispirata alla difesa dell'interesse borghese, legittima legalmente la ristrutturazione in atto e, con la riforma del titolo quinto, ha oltretutto sancito la legalità del finanziamento pubblico alle scuole private.
- La via dell'opposizione alle politiche in atto passa attraverso la costituzione di comitati di lotta dal basso, retti dalla democrazia diretta e volti ad unificare le lotte andando a saldarsi con la mobilitazione di tutti gli altri settori proletari che combattono contro le medesime conseguenze della crisi del capitale in termini occupazionali, di condizioni di lavoro, di taglio dei servizi etc. contro le quali si battono i lavoratori della scuola.
- La messa al centro del dibattito politico della necessità di superare il capitalismo, l'affermazione di un socialismo che nulla ha a che vedere con la tragedia staliniana e maoista, passa attraverso la ricostruzione di uno strumento politico, il partito comunista, attorno alla quale invitiamo al confronto, alla partecipazione, all'impegno, tutti quei lavoratori che sono stufi di chi vorrebbe realizzare l'impossibile: combattere i mali del capitalismo fermo-restando il capitalismo stesso.
Nessun commento:
Posta un commento