lunedì 30 marzo 2009

L'educazione non è mai "apolitica"

Sono convinto che mai come oggi l'educatore progressista debba stare all'erta nei confronti della scaltrezza con cui l'ideologia dominante insinua la neutralità dell'educazione. Da questo punto di vista - che è reazionario - lo spazio pedagogico, neutrale per eccellenza, è quello in cui gli alunni vengono addestrati a pratiche apolitiche, come se il modo in cui gli uomini stanno nel mondo fosse o potesse essere un modo neutrale.

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E' nell'intezionalità dell'educazione - questa vocazione che essa ha come azione specificamente umana, di "indirizzarsi" verso sogni, ideali, utopie e obiettivi - che si trova quella che ho definito la natura politica dell'educazione. La qualità di essere politica che è inerente alla sua natura. In realtà, la neutralità dell'educazione è impossibile. Ed è impossibile non perchè lo decidono insegnanti "facinorosi" e "sovversivi". L'educazione non diventa politica perchè lo decide questo o quell'educatore. Essa è politica. Chi pensa invece che sia per colpa di questo o quell'educatore, più o meno attivista o qualcos'altro, che l'educazione diventa politica, non riesce a nascondere la sua visione dispregiativa della politica. Poichè - è la loro convinzione - è nella misura in cui l'educazione viene deturpata e svilita dall'azione di "facinorosi" che smette di essere vera educazione e passa ad essere politica, qualcosa senza valore. La radice più profonda del fatto che l'educazione è politica, si ritrova nell'educabilità stessa dell'essere umano, che si fonda sulla sua natura incompiuta, di cui ha preso coscienza. Incompiuto e cosciente della sua incompiutezza, immerso nella storia, l'essere umano si trasforma necessariamente in un essere etico, in un essere che opera delle scelte e prende delle decisioni. Un essere legato a interessi, in relazione ai quali può mantenersi fedele all'eticità oppure trasgredirla. E' proprio per il fatto di essere divenuti etici, che si è creata per noi la possibilità, come ho già detto, di violare l'etica.

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Che altro è la mia neutralità se non la maniera comoda forse, ma certo ipocrita, di nascondere la mia scelta o la mio paura di accusare l'ingiustizia? "Lavarsene la mani" di fronte all'oppressione è rafforzare il potere dell'oppressore, è operare una scelta a sua favore. Come posso essere neutrale di fronte alla stituazione, non importa quale, in cui il corpo delle donne e degli uomini diventa puramente un oggetto di spoliazione e di indifferenza?


Paulo Freire, Pedagogia dell'autonomia, 1996


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